L'ostilità (dei gay ma non solo), le polemiche, le insinuazioni, la coscienza pulita. Giuseppe Povia non ci sta e riserva un pensiero particolare a quei "cinque o sei che sembrano tanti ma fanno solo casino"
Povia è un fiume in piena. Le luci dell'Ariston si sono spente una settimana fa ma è come se non fosse passato un solo minuto. La sua canzone, quella canzone, è arrivata seconda dopo Marco Carta. La gente la canticchia per strada, il pubblico l'ha apprezzata. I gay un po' meno, almeno quelli che sono andati a Sanremo a manifestare. I giornalisti e gli addetti ai lavori, a parte qualche eccezione, l'hanno stroncato ("furbetto", è l'appellativo più morbido con cui lo hanno apostrofato). Lui non l'ha presa bene. E, soprattutto, dopo due mesi di silenzio presanremese, adesso parla. Eccome se parla.
Questa insofferenza nei confronti della stampa da cosa deriva? Non mi sembra che finora ci sia stato un particolare accanimento nei tuoi confronti?
Il passato è passato, per me ogni volta si apre un capitolo nuovo. Finora i giornali tipo Avvenire e quelli più spostati verso il centrodestra hanno sempre parlato bene di me, quelli orientati verso il centrosinistra, tipo Repubblica e l'Unità, mi hanno trattato male. I giornalisti hanno sempre bisogno di collocare un artista politicamente. Quest'anno invece erano tutti d'accordo contro di me, è la prima volta forse nella storia della musica. La cavia ero io. Ma non hanno capito che hanno fatto il mio di gioco.
Chiariamolo una volta per tutte. Hai cambiato o no il testo?
L'ho cambiato diecimila e cinquecento volte, come sempre. Ma poi quando è stato consegnato al notaio basta. Si pensa che io abbia fatto la furbata dopo le polemiche. La cosa che mi offende di più è che qualcuno pensi che io abbia toccato una tematica così delicata senza conoscerla.
Ti sei definito "portatore sano di polemiche". Poi hai deciso per il silenzio stampa fino al Festival. Non sarebbe stato meglio confrontarsi con chi si era sentito offeso dal titolo e dal testo di Luca era gay?
Allora, la canzone si chiamava Un altro uomo ed era nata un anno prima. Vuoi sapere perché poi l'ho chiamata Luca era gay?
Certo che sì
Perché nel 2006 ho chiamato una canzone Vorrei avere il becco e quando la cantavano nei pianobar e facevano i borderò per la Siae scrivevano Il piccione e non mi arrivava una lira. È stata una scelta di mestiere la mia, perché i miei amici mi dicevano Mi canti Luca era gay?
Perché il silenzio stampa però?
Avrei dovuto spiegare una canzone prima di cantarla. A me di fare il gioco dei pennivendoli da regime non interessa. E in sala stampa a Sanremo c'era il pieno. Se fossi stato un furbone, mi sarei fatto tutte le trasmissioni fino al Festival e mi sarei fatto pubblicità. Invece ho perso un sacco di fan, quasi mille non hanno rinnovato l'iscrizione al fan club, alcuni hanno regalato i miei dischi. Se sono furbo io… Certo che un po' di mestiere c'è ma non ho fatto una canzone pensando alla polemica. La musica viene usata come sottofondo, la gente ci parla sopra, in tv la tagliano per mandare la pubblicità. Questa storia è vera: un ragazzo omosessuale che è diventato eterosessuale, visto che è possibile, come è possibile il contrario. Oggi c'è bisogno di una notizia per fare musica: eccovi la notizia, divertitevi. Ma adesso fatemi cantare.
Linus sul suo blog ha scritto che non avrebbe mandato la tua canzone nel suo programma perché si tratta di "un testo costruito"?
Lui è il direttore di Radio Deejay e può fare quello che vuole. La canzone di Cristicchi la mandava e poi diceva che non ci vedeva la morale, quella di Fabrizio Moro la mandava e poi diceva che c'erano delle ovvietà, sulla mia dice questo. Forse non ce l'ha fatta lui a fare il cantante. Rispetto il suo pensiero, la manderanno altre radio. I grandi network, a parte RTL e Radio Italia che mi vogliono bene, passano quello innocuo, quello che non rompe le scatole.
A Striscia è andato in onda un servizio in cui si dice che dietro la tua canzone ci sarebbe Arkeon (la setta che cura i gay, ndr), e che Luca sarebbe un loro adepto. È così?
No (ride). Luca mio, che non si chiama Luca, ha più di 50 anni e l'ho conosciuto in treno. Cominciano a essercene un po' troppi.
Che atteggiamento hanno avuto dietro le quinte i tuoi colleghi sanremesi?
Nessuno mi ha guardato in faccia e mi ha detto "che cazzo di canzone hai scritto?". Anzi, alcuni mi hanno fatto i complimenti.
Nessuna battutina?
Niente. Quelle le ho sentite al di fuori di Sanremo. Proprio da certi colleghi che in tv o nelle interviste predicano bene e poi mi dicono "Bravo, l'omosessualità è una malattia". Ma non c'entrano i colleghi sanremesi.
Ho letto che qualcuno si sta organizzando per venire ai tuoi concerti e fischiarti. Pensi di preparare un cartello anche per loro?
Se è così, basta che pagano il biglietto.
È vero che stai scrivendo un libro e una sceneggiatura sulla storia di Luca?
Il libro sì. Il film me l'hanno promosso ma non c'è ancora niente di certo. Mi piacerebbe perché è una storia meravigliosa anche perché il messaggio alla fine è positivo.
Recentemente nella fiction di punta di RaiUno, Tutti pazzi per amore, un padre ha confessato la propria omosessualità al figlio adolescente. Se ne è parlato poco però
Infatti non mi risulta che gli eterosessuali se la siano presa. Chi si fa portatore di libertà e democrazia quando gli vai a toccare il suo campo di patate s'incazza. Questi cinque o sei che sembrano tanti ma fanno solo casino. Non sarà una canzone a istigare l'odio verso gli omosessuali ma piuttosto sarà il casino che hanno fatto loro. Quando ho alzato il cartello "Serenità è meglio di felicità" era per dire che non ho mai pensato che essere gay significa essere infelice ma che quel gay non era felice della sua condizione e ora sta bene.
Tu hai amici gay?
Non ne ho perché per me l'amicizia è una cosa importantissima e ho un solo amico, che tra l'altro non vedo quasi mai. Però ho tanti conoscenti omosessuali e bisessuali.
E loro che cosa hanno detto della canzone?
"Fai bene, portala fino in fondo, è una canzone bellissima". Qualcuno si è rivisto nella storia, tutta la storia. Anche io da piccolo giocavo con le bambole, non c'è niente di certo e niente di provato.
Parliamo del disco, Centravanti di mestiere
A parte tre canzoni d'amore, parlo di un sacco di cose. Parlo degli incapaci che sono la vera rovina del mondo anche se lo comandano. C'è un brano che si chiama È dura che racconta che c'è gente che non arriva a fine mese mentre altri vanno dal chirurgo per cambiarsi l'età. C'è Zoccoli in cui dico che gli stilisti non vengono mai attaccati dai giornali perché comprano un sacco di pubblicità.
Chi è il centravanti di mestiere?
Quello che gioca per la maglia e per la curva e non per i soldi o per la stampa. Quindi al 91esimo, nella mischia, sa già dove andare e, anche se non ha fatto niente durante tutta la partita, segna e la risolve. L'ho dedicata a Gilardino perché lo conosco e mi piace ma ovviamente è una metafora. E poi mi sento anche io un centravanti di mestiere che magari è in ombra per un po' di tempo e poi….
E poi quasi quasi vince Sanremo
Riguardo al progetto a favore dei bambini del Darfur, Povia ha tenuto a chiarire che:
«Il mio ex discografico ha smentito quanto riportato su "Io Donna" riguardo alla questione». E ha aggiunto: nel 2005 in occasione del Festival ogni artista/casa discografica aveva promesso una quota per il Darfur. Io ho devoluto il ricavato della vendita di un intero anno del singolo I bambini fanno oh e ovviamente si sta parlando della mia percentuale sui diritti, che non è tutto l'incasso del cd come si continua a dire. La somma finale richiesta fu di 35mila euro, che mi sono stati comunicati e anticipati dal mio ex manager Angelo Carrara, che poi ha provveduto a scalarmeli dalle entrate dei concerti. Non mi risulta che gli altri artisti abbiano mai contribuito».
[fonte: libero.it]
FONTE
venerdì 15 maggio 2009
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